Il discorso pronunciato dal Ministro degli esteri e della Cooperazione internazionale, Enzo Moavero Milanesi, a Marcinelle in occasione della commemorazione dei nostri connazionali deceduti l’8 agosto di sessantadue anni fa, con il quale ha fatto riferimento a tutte le vittime del lavoro in Italia e nel mondo, è condivisibile in tutti i suoi passaggi; è ricco di riferimenti storici e di proposte per superare le carenze di una legislazione europea anacronistica, bisognosa di aggiornamenti adeguati, armoniosi e continui, pensati ad un mercato del lavoro comunitario in profonda trasformazione, nel quale ogni singolo stato continua a legiferare senza rispettare gli acquis communautaries.
Il Ministro Enzo Moavero Milanesi, che è anche il Presidente del Consiglio Generale degli Italiani all’Estero (CGIE), ha liberamente esposto riflessioni diffuse e sentite nelle nostre Comunità all’estero, che fotografano gli umori e le sensibilità di chi vive dall’altra parte della barricata, fuori dalla querelle politica nazionale. Perciò all’estero non si capiscono le ragioni delle polemiche emerse in Italia in seguito alla commemorazione delle vittime del lavoro e alla presenza di superstiti e delle famiglie presenti sul Bois du Cazier a Marcinelle. Confutare le ragioni della storia dell’emigrazione italiana per puri e semplici ritorni elettorali o per i riflessi nei sondaggi politici è un atteggiamento grave e fuorviante, equivale ad alimentare forme di negazionismo diffuse per disorientare l’opinione pubblica. Una commemorazione è tale se si rispettano i gli elementi che l’hanno determinata e non deve mai essere interpretata per asservire il potere del governo di turno o degli opinionisti di regime.
La storia dell’emigrazione italiana è sacrificio e rinunce, intrisa di pregiudizi e di lutti. La nostra storia migratoria non può essere declinata diversamente da quelle che scrivono oggi altre comunità, anche perché, come negli anni Sessanta del secolo scorso, gli italiani da tempo hanno ripreso l’esodo verso altri paesi e sottostanno alle leggi e regolamenti dei paesi ospitanti. Le anagrafi ufficiali parlano oramai di un numero di espatriati che supera i 5.650.000, se si considerano solo i nostri connazionali censiti all’AIRE. Il fenomeno va gestito e risolto con politiche sovranazionali senza ricercare scorciatoie, senza erigere muri, senza esibire muscoli che producono conflitti sociali e umani.
Da tempo il Consiglio generale degli italiani all’estero propone di inserire nel programma scolastico delle scuole dell’obbligo l’insegnamento della storia dell’emigrazione italiana. Già la realizzazione di questa proposta aiuterebbe ad aumentare la conoscenza generale delle giovani generazioni e si eviterebbero polemiche su dati di fatto ovvi e reali. Sacrosanto è l’invito del Ministro Moavero Milanesi quando riferendosi alla necessità di regolamentare l’emigrazione, e di fronte all’impotenza dell’Unione europea dice, come ha riferito ieri a Marcinelle “…Dobbiamo fare ancora molto ed è davvero tempo di rompere i biasimevoli indugi del passato”. Se il nostro paese tiene al futuro dei suoi cittadini residenti all’estero qui ed ora deve dare il buon esempio, perché questo è il momento di cambiare pagina per affrontare con lealtà e serietà la mobilità che interessa l’intero globo terrestre.
Michele Schiavone