La questione Brexit tiene i cittadini residenti nel Regno Unito con il fiato sospeso perché la soluzione del distacco dall’Unione europea diventa più complessa con l’approssimarsi delle scadenze, che sistematicamente sono state posticipate rispetto agli accordi assunti tra i due partner.
Il Parlamento inglese dopo aver respinto per ben tre volte la proposta avanzata dal Governo, ha anche bocciato tutte le possibili alternative alla stessa. L’unica alternativa per una soluzione che lascia speranza, che è stata sconfitta con appena tre voti dalla soglia della maggioranza (273 su 276 voti), è la proposta di una permanenza del Regno unito nell’Unione doganale europea in cambio dell’impegno inglese di rinunciare ad accordi commerciali autonomi con Paesi terzi.
A seguito di tutte queste sconfitte in Parlamento, il primo ministro inglese Theresa May è stata costretta a negoziare uno spostamento della data d’uscita dall’UE per il 31 Ottobre 2019, gravita di una clausola di revisione nel mese di giugno, che secondo la Commissione della Ue “non servirà a prendere decisioni sul futuro dei rapporti tra i partner ma solo a fare il punto sulla status quo”.
Infatti, il Regno Unito a seguito dell’estensione della proroga concordata con l’Ue è stata costretta, con due settimane di tempo, a organizzare e partecipare alle elezioni europee, le quali sono state vissute nel Paese de facto come un secondo referendum sulla Brexit a tre anni di distanza.
Tutti i partiti, tranne il partito Laburista e quello dei Conservatori, avevano posizioni nette sulla scelta: Rimanere o Lasciare. I conservatori hanno favorito l’accordo sul ritiro del proprio primo ministro Theresa May e il partito laburista ha favorito la scelta di una Brexit più tenue, che mantenga il Regno Unito più strettamente legato al mercato unico dell’Unione europea. Questa mancanza di chiarezza da parte del partito di Governo e del maggiore partito d’opposizione ha creato uno scenario elettorale inedito.
L’europarlamentare Nigel Farage in 45 giorni e senza un programma ha creato un partito “The Brexit Party” e ha vinto le elezioni con il 33% dei voti seguito dal partito dei Liberal Democrats, da sempre posizionato contro la Brexit, con il 21% dei voti superando i Laburisti 14%, i Verdi 12% e i Conservatori con il 9%.
La partecipazione degli europei, incluso i connazionali italiani, per le elezioni degli europarlamentari britannici è stata limitata a causa della breve tempistica che ha condizionato l’opzione di voto al 7 di maggio, ovvero 15 prima delle elezioni. A seguito dei risultati il primo Ministro Theresa May ha rassegnato le dimissioni il 7 giugno lasciando aperto il campo allo scontro interno al partito conservatore, che dovrà scegliere la nuova leadership del partito e, quindi, del Paese.
Infatti, ad oggi l’attenzione dei britannici è concentrata sullo scontro tra i conservatori chiamati a eleggere il nuovo leader del partito e, quindi, il Primo Ministro che porterà avanti le politiche sulla Brexit fino alla nuova data d’uscita del 31 ottobre prossimo.
Si rileva che ad oggi mentre discutiamo nella nostra riunione a l’Aja, secondo l’Home Office (Ministero degli Interni) già un buon numero di connazionali Italiani, circa 70 mila hanno già espletato le pratiche per l’ottenimento del “Settled Status”, ovvero del permesso di residenza previsto nell’accordo di recesso.
La Commissione continentale Europa e Africa del Nord segue con grande apprensione l’evoluzione della situazione nel Regno Unito perché molti nostri connazionali, in particolare i giovani in mobilità, non sono in regola con i permessi di soggiorno e si teme un aggravio di lavoro per la nostra rete consolare.
Essendo difficile anticipare le future decisioni del governo, le nostre preoccupazioni sono rivolte agli effetti che avranno sulla permanenza dei nostri connazionali nel Regno Unito.
Commissione CGIE Europa e Africa del Nord, L’Aja 6 – 8 Giugno 2019