Gargiulo (Cgie): Cile, ascolta e rialzati!

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Vi sono molteplici fattori che rendono difficile la comprensione di come il Cile, un paese che negli ultimi anni è stato portato come un modello di stabiltà e sviluppo per tutta l’America latina, in 48 ore si è visto messo a soqquadro: stazioni della metropolitana fuori uso; supermercati e farmacie non solo saccheggiate, ma anche date a fuoco. Lo stesso edificio dell’Enel, che garantisce l’approvvigionamento elettrico della metropoli Santiaghina, è stato colpito da un incendio ai piani superiori nella tragica notte di venerdì 18 ottobre.

Ufficialmente, la scintilla dello scoppio di questa rivolta è stato un aumento di circa 30 pesos cileni del biglietto della metropolitana che, nella tariffa delle ore di punta, arriva a costare $ 800 (1 euro). La protesta dei giovani è iniziata con una prima fase di “evasione volontaria”: non hanno pagato il biglietto obbligando le forze dell’ordine a vigilare le porte di accesso della metro.

LA RIDUZIONE DELLA POVERTÀ

Poi, in modo esplosivo, hanno iniziato atti di vero vandalismo, contemporaneamente in tutte le linee della metropolitana che, in un sistema integrato con circa 6000 bus, quotidianamente assicura gli spostamenti a più di 5 milioni di cittadini. Si parla di 300 milioni di dollari di danni per rimettere su le 70 stazioni danneggiate, su una rete che ha quasi duecento fermate. Un danno impagabile che lascia pensare ad una organizzazione capillare che studiava da tempo il momento ideale per creare una vera rivolta.

Ma chi sono i veri protagonisti? Verrebbe da dire in prima battuta: i poveri, quelli che mancano del minimo per la sopravvivenza e poco avrebbero da perdere.

Questa ottica ci tradirebbe, perché, se un merito ha avuto il modello economico applicato in Cile a partire dagli anni ‘80, è quello di aver ridotto dal 40 all’8% l’estrema povertà nel paese.

Un modello economico di tipo neo-liberale è stato applicato nel Paese dagli stessi studenti cileni che negli anni ‘60 e ‘70 frequentarono l’Università di Chicago e, rientrati in patria, vennero reclutati dal governo militare dell’epoca nei posti chiave, con carta bianca, per trasformare ed organizzare la società cilena con modelli di decentralizzazione, privatizzazioni e regolazioni minime, così da favorire non solo libere iniziative, ma anche attrarre capitali e fondi di investimento stranieri, soprattutto in quelle aree che avrebbero portato il paese alla modernizzazione.

LA CRESCITA IMPETUOSA DEL PAESE
Comunicazioni, miniere, agricoltura, un settore vitivinicolo in espansione nella quantità e nella qualità, pesca, produzione di cellulosa, gli stessi trasporti: questi i settori di sviluppo dove i finanziamenti non sono mancati perché il paese si proponeva di andare oltre il tradizionale rame, attraverso altre commodities.

In parallelo, si sviluppò un modello urbano con servizi efficienti e moderni, che saranno la bandiera per il passaggio del Cile da paese sottosviluppato e contadino ad un paese in via di sviluppo, fino a raggiungere il livello di paese sviluppato.

La crescita annuale del Pil è in media 3-4% negli ultimi anni (tra il 5 e il 6 nel passato), il tasso di disoccupazione è sul 6.5% e la rendita procapite sui 26.000 U$. L’inflazione negli ultimi anni non ha superato il 3%. Gli equilibri macroeconomici hanno mantenuto le quote fiscali con livelli di solvenza che, nei periodi di recessione (1998-2009-2010) hanno contenuto le ripercussioni sull’impiego e la stessa stabilità economica.

IMPROVVISA RICHIESTA DI GIUSTIZIA E PACE
Allora cosa è successo? Quella che sembrava essere una economia perfetta che ha contribuito allo sviluppo del paese, che ha permesso di elevare in pochi decenni il livello di istruzione e fare dei cileni un popolo viaggiatore, che con la conoscenza di altre culture e paesi ha cercato di integrarsi nel mondo, oggi si trova ad essere indicata come la responsabile del malcontento.

Dai sotterranei della metropolitana, nelle prime 48 ore di protesta vandalica, il popolo pacifico si è riversato sulle piazze invocando anche giustizia e pace, per porre le basi di una società in cui la persona umana e la sua dignità siano effettivamente al centro e in cui i frutti del progresso non rimangano privilegio di pochi. In fondo, si tratta di invitare Lazzaro al banchetto per non lasciarlo sotto il tavolo ad aspettare le briciole.

Tutto questo sembra essere stato recepito dal Presidente della Repubblica Sebastian Piñera, che pubblicamente ha chiesto perdono per questa grave omissione (non solo sua ma anche dei governi precedenti) di non aver vigilato sui problemi dei pensionati, sui costi alti delle medicine, sulla protezione sociale, sui livelli di salari più bassi. Un cambiamento a 360 gradi aspetta governo e opposizione, con un Parlamento che dovrà essere capace di trasformare in leggi le misure concordate.

IL RUOLO DI GOVERNO E IMPRENDITORI
Anche i settori sociali dovranno fare la loro parte. Gli imprenditori grandi, piccoli e medi, oltre agli utili da generare, dovranno pensare anche a come rispondere alle necessità sociali e a non lasciare solo il governo.

Bisogna imparare dagli errori, analizzarli e ripensare diverse cose cominciando da come si insegna la scienza economica: il mercato civile nasce prima del liberalismo, ed é qui che occorre la prima correzione, per rompere quella cultura del “crescere–crescere-crescere” e poi lasciare al mercato stesso il compito di redistribuire le ricchezze.

Bisogna ripensare la politica fiscale e, inoltre, coinvolgere la società civile perché il binomio stato – mercato non è sufficiente. Servono attori della società civile maturi ed operativi che applichino un modello di economia sociale. Importante anche il ruolo della Chiesa Cattolica nell’educazione dei giovani ad una cultura della solidarietà verso i bisogni dell’altro. Il senso stesso delle opere sociali che possiede deve essere ristudiato anche nelle forme di gestione, in sintonia con la richiesta di una maggiore giustizia sociale.

“EL ALMA DE CHILE”
Ma, forse, la forza più forte che il Cile deve trovare è nella sua stessa “Anima di Popolo”, quella che un grande Salesiano Arcivescovo di Santiago per più di 20 anni, Raúl Silva Henriquez, definiva come “El Alma de Chile”.

Tre grandi principi scolpiva nella sua ricostruzione storica: 1. la supremazia della fede del popolo cileno su ogni forma di idolatria; 2. la supremazia della libertà su ogni forma di oppressione, 3. l’attaccamento all’ordine giuridico su ogni forma di anarchia.

Su questi principi Henriquez mantenne viva la vita civile e democratica nel periodo del governo militare e così il Paese riuscì a compiere una transizione dalla dittatura alla democrazia in forma esemplare e pacifica.

I partiti intorno all’“Alma de Chile” si mantennero vivi seppure nella privazione della libertà di espressione. Forse con questa esperienza storica e con la solidarietà, che come un fiume carsico in Cile riappare in superficie durante le emergenze, sia sociali che ambientali – penso ai terremoti e alle inclemenze del clima – il Paese si potrà rialzare dal pantano in cui è caduto a causa di tante insensibilità per rispondere al grido di aiuto di chi ha bisogno, ma anche per placare il risentimento virulento che sta provocando una distruzione che neanche i terremoti hanno prodotto. Cile, ascolta e rialzati come sempre hai fatto!

Nello Gargiulo
* Consigliere Cgie Cile 

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