Il ritorno alla libertà di movimento al tempo del coronavirus ha sollevato gli italiani da una condizione di metaforica reclusione forzata, che nonostante la presenza dei rischi di contagio virale continua a suscitare diffuse attese.
Si è passati dal tempo sospeso, al tempo dell’attesa e dell’ansia a quello della progettazione e dei sogni. L’aria della libertà è salubre e salutare.
L’esperienza vissuta in questi mesi ha cambiato la società, i comportamenti e i rapporti umani, che in parte vanno ricostruiti dentro un nuovo tessuto sociale, economico e culturale. Nulla sarà più come prima.
Per le nostre comunità all’estero il ritorno al futuro, invece, resta ancora una chimera, un’incognita perché a loro è precluso il ritorno in Italia tant’è che il riacquisto della libertà condizionata genera frustrazioni in tantissimi connazionali in attesa di rientrare in Italia per ricongiungersi con i propri parenti.
LA REALTÀ DEGLI ISCRITTI AIRE
Il Consiglio Generale degli Italiani all’estero da tempo ha segnalato al Governo le condizioni di precarietà e le necessità dei nostri connazionali iscritti all’AIRE attaccati alla speranza di uno scongelamento delle rigide misure di contenimento della mobilità emesse nei diversi Decreti del Presidente del Consiglio dei Ministri.
Oggi che molti paesi europei hanno segnalato la graduale apertura delle frontiere, permettendo de facto il ripristino del traffico aereo e marittimo, nonché l’uso dei mezzi pubblici di trasporto, sollecitiamo con maggiore enfasi l’estensione dei nuovi provvedimenti di allentamento delle misure di contenimento epidemiologico anche ai cittadini italiani residenti stabilmente all’estero.
Nella burrascosa discussione che di recente ha visto protagonisti i vari governi europei intenti a stringere accordi per la ripresa economica, sociale e sanitaria del dopocovid, il nostro Paese si è distinto mettendo in campo un forte spirito unitario per rafforzare il comun agire comunitario e il senso costituente dell’Unione europea.
L’ITALIA DEVE APRIRE LE FRONTIERE
Non ci sono ragioni cogenti perché l’Italia si distingua con scelte solitarie e di preclusione mantenendo chiuse le frontiere, visto che oramai c’è una manifesta volontà di altri Paesi europei orientati al ritorno alla normalità.
In una ipotetica scala dei valori gli aspetti sanitari e dei diritti universali vanno di pari passi e vanno rispettati alla stregua di quelli economici e finanziari, perché non c’è politica economica che tenga senza il rispetto dei diritti fondamentali.
Ad oggi sono già stati rimpatriati 80’000 italiani temporaneamente all’estero senza creare allarmismi sanitari, non ci sono neanche motivi per credere, che il rientro dei residenti all’estero possa mettere in discussione gli equilibri raggiunti in queste settimane di quarantena forzata. Il senso di responsabilità è comune, come identici sono i bisogni individuali.
Michele Schiavone
Segretario Generale del Cgie