Non fa più notizia il numero crescente degli italiani che emigrano. I dati statistici pubblicati dall’Istat per il 2019 indicano l’aumento dell’emigrazione di cittadini italiani dell’8,1% rispetto al 2018 e di un aumento del 16,1% di cittadini cancellati dalle anagrafi che si sono trasferiti all’estero, pari a 182.154.
L’istituto di statistica riporta che sorprendentemente, nel tempo questa ovvietà ha finito per passare in secondo piano e se ne ritrova traccia sempre più labile nei programmi regionali e nazionali.
Le persone che nel 2019 hanno lasciato il nostro Paese per trasferirsi all’estero sono 182 mila, con un aumento di 25 mila unità rispetto al 2018. Tra questi, la componente dovuta ai cittadini stranieri è cresciuta del 39,2% rispetto all’anno precedente e ammonta a 56 mila cancellazioni. Prosegue, inoltre, l’aumento dell’emigrazione di cittadini italiani: si sono trasferiti all’estero in 126 mila con un incremento dell’8,1% rispetto al 2018. Va considerato che, tra gli italiani che trasferiscono all’estero la loro residenza, una quota è da imputare ai cittadini in precedenza stranieri che, una volta acquisita la cittadinanza italiana, decidono di emigrare in Paesi terzi o di fare ritorno nel luogo di origine. Una tendenza che negli ultimi anni sta acquistando sempre più consistenza: nel 2018, le emigrazioni di questi “nuovi” italiani ammontavano a circa 35 mila (30% degli espatri, +6% rispetto al 2017).
In un Paese che soffre di denatalità e in mancanza di politiche di contenimento dell’emigrazione italiana c’è da preoccuparsi per la ripresa economica che produca crescita, per l’occupazione complessiva e per il futuro dell’Italia. La trasformazione sociale che stiamo vivendo è un’occasione per ripensare nuovi strumenti, tempi e meccanismi per declinare il lavoro al presente e promuovere una ripartenza che interessi e coinvolga in particolare i giovani.
14 luglio 2020