I numeri riportati le settimane scorse dagli istituti nazionali di statistica confermano un incessante trend in salita della diaspora, che non si è bloccato neanche con la diffusione della pandemia esplosa negli ultimi 16 mesi e che, invece di registrare un ritorno dei fuoriusciti, ha concorso a alimentare l’esodo che si protrae dalla fine della prima decade di questo nuovo millennio.
LA MOBILITÀ
La mobilità delle persone quando è causata da difficoltà esistenziali costituisce un dramma, che è lo specchio dei problemi di difficile soluzione, presenti nelle condizioni sociali e famigliari legati ai territori, allo sviluppo e alle opportunità individuali e collettive di realizzarsi e di partecipare alla vita produttiva della propria comunità.
Perciò, le partenze seguite a scelte drastiche di abbondoni e di addii, difficilmente sono ricomponibili e in queste condizioni in molti individui matura quel senso di “odi et amo” tra il mondo degli affetti e quello degli interessi, dei quali si è arricchita la narrativa e i trattati accademici.
Eppure buon senso vorrebbe che ai tanti italiani all’estero il nostro paese dedicasse maggiore attenzione, li integrasse nelle strategie sistemiche di promozione in ambito commerciale, scientifico, culturale, sportivo e sociale e li valorizzasse per rafforzare il suo soft e strong power.
BISOGNO DI RITROVARSI
Sarebbe meritorio un impegno oggettivo delle nostre istituzioni ad andare a ricercare le cause vere e gli effetti della questione migratoria nostrana per porvi rimedio e promuovere politiche attive miranti alla formazione continua delle risorse umane e alla sostenibilità dei territori. Per far ciò serve un ministero ad hoc, come quello istituito per il Mezzogiorno, tante e tali sono le affinità da renderli interscambiabili se non fosse che le percentuali di nostri connazionali all’estereo sono ben rappresentative di tutte le regioni e delle province autonome.
Le nostre comunità all’estero di fronte alle difficoltà del nostro tempo hanno bisogno di ritrovarsi con l’impegno di andare oltre la contingente tendenza all’individualismo imperante per riproporre e promuovere, con strumenti e progetti nuovi, quanto di straordinario hanno lasciato in eredità le associazioni, gli enti e le organizzazioni scolastiche, sociali e sportive.
I PROGETTI DI RILANCIO
Ovviamente l’empatia, l’impegno dei singoli e lo spirito pionieristico non bastano a proseguire o ricostruire le reti dell’italianità diffusa nel mondo, occorre il sostegno della mano pubblica, delle istituzioni e men che meno è indispensabile l’attenzione continua da parte del ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale al quale sono delegate le politiche per gli italiani all’estero. Con il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza si apriranno molti cantieri fisici votati alla modernizzazione dell’Italia per renderla più smart, competitiva con i Paesi occidentali e partendo da questa opportunità sarebbe auspicabile pensare di renderla più giusta, equa e solidale. Gli italiani all’estero hanno dato e continuano a dare molto al nostro paese, perciò dovranno essere presi in considerazione nella programmazione dei futuri progetti di rilancio, devono essere coinvolti e renderli ambasciatori del nostro Paese.